Le immagini di Nils Strindberg costituiscono davvero una narrazione impressionante poiché sono la documentazione del dramma della spedizione in un momento in cui non era visto come tale e non se ne immaginava la sua conclusione. Quasi un testamento fotografico da consegnare, insieme ai diari scritti dai tre esploratori, a chi mai avesse avuto l'opportunità di ritrovarli. Anche esempi perfetti di un doppio senso di "tempo congelato" se consideriamo l'istante fermato (spesso definito proprio così: "congelato"), il freddo intenso del polo e la particolare circostanza che fu il ghiaccio a "congelare" le lastre, preservandole. Un bell'esercizio di pragmatica del linguaggio. Guardare queste immagini, inoltre, mi ha fatto molto riflettere sulle considerazioni di Roland Barthes raccolte nella "Camera Chiara" ed anche sulla particolare similitudine con il ritrovamento, certo in circostanze molto diverse, dei negativi di Vivian Maier.